Il volume incompleto raccoglie i diari stilati dai consulenti psichiatrici delle prime quattro Armate dell'esercito nel corso della Grande guerra. Gli autori sono dunque: Arturo Morselli (I Armata), Vincenzo Bianchi (II Armata), Angelo Alberti (III Armata) e Giacomo Pighini (IV Armata). Ogni consulente fornisce le statistiche relative ai soldati ammessi, curati, inviati in manicomio e deceduti; illustra l'eziologia delle psiconevrosi di guerra, il quadro nosologico adottato e le terapie sviluppate nel corso del conflitto. Pur mancando di diversi parti il documento è assai prezioso per la comprensione della complessità della tematica affrontata: dai resoconti consegnati emerge evidente infatti la difficoltà riscontrata da parte di tutti i consulenti nel cercare di comprendere e curare il fenomeno delle psiconevrosi. Pur comparendo costantemente il ben noto concetto di predisposizione, l'idea secondo cui ad ammalarsi furono esclusivamente i soldati affetti da una tara eriditaria o acquisita che avrebbe comunque portato all'insorgenza della malattia, gli estensori specificano in diversi passaggi come alcune forme morbose, difficilmente quantificabili, ma certamente importanti per gravità di sintomi e numero di casi osservati, furono causate dalla guerra e dalle difficoltà del conflitto. Il quadro eziologico proposto da Morselli ad esempio, a seguito del lavoro svolto negli ospedali di Verona e di Brescia, individuava diverse cause: al fianco delle ben note cause costituzionali o traumatiche compariva lo shock che poteva agire anche sulla sfera emotiva senza azione commotiva e l'astenia da ricondursi a "ogni condizioni acquisita e recente di esaurimento nervoso" (p. 397).
Per la storia dell'Università Castrense risultano di estrema importanza le pagine redatte da Angelo Alberti (pp. 440-480) nelle quali viene ampiamente descritto il lavoro svolto a San Giorgio di Nogaro nell'Ospedale 234 che fungeva anche da Clinica delle malattie nervose e mentali della Scuola medica da campo. Senza esplicitare ciò che aveva scritto direttamente al Comando Supremo, ossia che ad ammalarsi nel corso del 1917 furono certamente anche soldati privi di ogni tara ereditaria, Alberti cercava di illustrare nelle sue conclusioni i dati che avrebbero dovuto portare a una profonda revisione del concetto di trauma e di predisposizione. Il consulente psichiatrico della III Armata parla infatti di “predisposizioni acquisite nelle stesse contingenze belliche” o di una “sensibilizzazione specifica di fronte all’identico trauma bellico”, ancora di “alterazioni viscerali transitorie” (p. 480). Le conclusioni di Alberti, nonostante la comprensibile prudenza nel dover consegnare al Comando supremo dati di interesse non solo scientifico, ma anche politico ed economico, sono chiare: nel caso ad esempio dei “mutismi” una predisposizione fu rilevata nel 37,5% dei casi, nel 25% non fu possibile una raccolta dei dati eziologici e anamnestici e nei restanti casi (47,5%) “fu rinvenibile una condizione astenica di recente acquisizione con disturbi digestivi e spesso anche cardiaci” (p. 471). I mutismi dunque colpivano in un caso su due soldati che non mostravano alcuna predisposizione, ma che risultavano stremati e provati fino all’esaurimento dalle difficoltà legate al conflitto.